Palazzo dei Carmelitani
Il Palazzo dei Carmelitani si trova, oggi, lungo il Corso dei Mille, nel lato settentrionale della piazzetta del Teatrino. Il Convento venne realizzato a seguito delle pressioni della popolazione che, entusiasta delle prediche quaresimali del 1632, decise di devolvere ai frati carmelitani un canone fisso sulla macellazione degli animali per favorire la creazione di un convento. Da parte loro i Carmelitani di impegnarono a farvi soggiornare in pianta stabile quattro frati confessori. L’istanza fu recepita dal Consiglio dei maggiorenti della Sala di Partinico che, nella seduta del 17 settembre 1634, stabilirono di assegnare ai frati un contributo fisso per ogni chilogrammo “di carne bovina, porcina, pecorina e di ogni altra sorta, che in questa (città) si macellasse” (Di Bartolomeo, p. 152)
Alla realizzazione del convento è strettamente legata la costruzione della chiesa di San Rocco. Tale edificio, che fu realizzato di fronte al Convento, avrebbe dovuto sorgere per iniziativa di alcuni devoti del santo che avevano ottenuto in concessione, nel 1624, un terreno dal cardinale Scipione Borghese, commendatario dell’abbazia, sul lato meridionale dell’odierna piazza Garibaldi. Con l’inizio dei lavori fu fondata la Confraternita di San Rocco che, però, non fu in grado di ultimare la costruzione della chiesa. Pertanto, Giuseppe Guitto, in rappresentanza dei confratelli, rinunziò all’iniziativa e cedette ai Carmelitani la chiesa non ancora ultimata che divenne, quindi, il loro oratorio. Il trasferimento del manufatto ai Carmelitani venne perfezionato con la stipula di atto pubblico. Con esso i frati si impegnarono a mantenere e conservare nella chiesa, per sempre, il culto di San Rocco, ad erigere un apposito altare e a celebrarne, ogni anno, il 16 agosto, la festa che si concludeva con la processione del simulacro del santo. La tradizionale ricorrenza fu mantenuta fi no al 1732.
Dopo avere ottenuto le necessarie autorizzazioni, nel 1636, ebbero inizio i lavori di completamento della chiesa di San Rocco e quelli di costruzione del convento che si conclusero nel 1641.
Al termine dei lavori, le due strutture vennero messe in comunicazione mediante un cunicolo sotterraneo che permetteva ai frati di raggiungere l’oratorio senza uscire nella pubblica via.
Il convento del Carmine fu concepito, sin dall’inizio con l’atrio ed il colonnato, con un piano terra formato da strutture rispondenti a varie necessità, distribuite attorno al vasto atrio porticato, e con i due piani fuori terra destinati alle numerose celle e ad altri impieghi. Inoltre, era circondato da un vasto giardino che, col tempo, fu ingoiato dal tessuto urbano.
Sulla parte destra del convento, nel 1651, venne edificata in aderenza, in appoggio sul muro di confine, la chiesa del Carmine, per iniziativa della Confraternita del Carmine.
Nel 1736 venne realizzato il campanile, la sepoltura e collocato l’orologio ‘a campane’ al centro della facciata del convento (Di Bartolomeo, p. 155).
Per motivi fino ad oggi sconosciuti, la chiesa del Carmine, verso la fine del Settecento, era già ridotta ‘ad universale ruina’ (Di Bartolomeo, p. 169).
Nulla si conosce sulle cause del decadimento della chiesa, tuttavia, esistono attestazioni storiche di tumulazioni di esponenti di famiglie facoltose avvenute tra il 1707 e il 1762 (Villabianca p.147).
Approssimativamente, dopo l’ultima storica tumulazione, la chiesa dovette decadere al punto che i facoltosi frati decisero di demolirla e di ricostruirla integralmente più ampia e più comoda. Il rifacimento delle strutture, effettuato a spese degli stessi Carmelitani, venne ultimato nel 1794. Le spese per gli addobbi, gli affreschi, le decorazioni e per ogni altro intervento utile a completare i lavori, invece, furono sostenute da un ricco privato, don Franco Simone Tarallo, duca della Ferla, che abitava nel palazzo adiacente alla piazza, oggi utilizzato dalla Polizia di Stato.
Il completamento dei lavori venne effettuato da Vincenzo Manno che si conclusero verso il 1821.
Ultimati i lavori della chiesa del Carmine i frati ebbero a disposizione due oratori e, inevitabilmente, rinunciarono ad utilizzare quello di San Rocco, preferendo utilizzare la nuova chiesa, direttamente collegata al convento. Ciò è provato dal fatto che la magnifica tela principale dell’oratorio di San Rocco, raffigurante il santo, venne trasferita nella chiesa appena ricostruita e ampliata.
Il rifacimento della chiesa del Carmine determinò il suo profondo mutamento stilistico e formale che le diede un aspetto tipicamente neoclassico, come si nota con grande evidenza nell’adozione dello schema del tempio classico sia nella facciata che sullo sfondo dell’altare centrale. Il Di Bartolomeo attesta che la chiesa venne allungata e ampliata, come si evince dalla strozzatura subita dalla via Castiglia.
Con la legge del 28 giugno 1866 e con l’incameramento dei beni ecclesiastici il convento dei Carmelitani e l’oratorio di San Rocco passarono al demanio e quindi nella disponibilità del Comune che allocò nel primo le scuole. Con ogni probabilità, l’ampliamento del convento dal lato occidentale avvenne dopo l’esproprio dei beni dei Carmelitani quando si era deciso di trasformarlo in edificio scolastico e fu necessario ricavare più aule. L’ampliamento determinò una parziale manomissione della parasta occidentale per permettere di allungare il tessuto murario che venne uniformato, eliminando la parte sporgente del contrafforte di base e coprendo d’intonaco il profilo della parasta.
La facciata che si vede oggi è del tutto diversa da quella originaria perché comprende, come se fosse un’unica costruzione, il convento e la chiesa del Carmine che era stata fabbricata in aderenza, dopo il 1651. Mentre il campanile venne costruito nel 1736.
La differenza più rilevante, tuttavia, è data dal fatto che, agli inizi del 1800, la chiesa del Carmine venne complessivamente modificata e ristrutturata, dandogli una connotazione tipicamente neoclassica sia nella facciata esterna, sia nel costrutto architettonico che faceva da sfondo all’altare.
La facciata venne realizzata, addossando alla preesistente parete una coppia di maestose colonne ben sostenute da due massicci basamenti e terminanti con quattro capitelli corinzi arricchiti da plastici decori in stucco. Nello spazio interno alle colonne venne realizzato un nuovo portale, più ampio e più alto di quello precedente, che doveva essere assai simile a quello della chiesa di San Leonardo. Il telaio del nuovo portale fu interamente ricoperto di intonaco e stucco con cui vennero simulate le mensole, la trabeazione e il sovrastante timpano, il tutto modellato e reso plasticamente simile al materiale lapideo.
La parte superiore alle quattro colonne è racchiusa dal timpano, ritmato da dentelli al di sotto della classica modanatura che funge da cornice. Al culmine del timpano venne realizzato un calvario plastico con volute e decori floreali e simbolici.
All’interno, sullo sfondo della navata si ripete un identico scenario neoclassico, con l’altare che appare racchiuso fra due colonne sormontate da un’ampia trabeazione finemente decorata con motivi floreali dipinti e dal classico timpano riccamente adornato con acroteri classici e motivi floreali. Fra le due colonne scanalate e la trabeazione sembra incastonata l’immagine della Madonna del Carmelo con i frati carmelitani dipinta da Vincenzo Manno. Il tutto crea uno scenario di inconsueta bellezza.
Dopo l’Unità d’Italia, col passaggio al demanio dei beni appartenuti agli ordini religiosi, la facciata ed il corpo dell’edificio monastico subirono un’altra piccola modifica consistente in un piccolo ampliamento di circa cinque metri nel lato occidentale.
Successivamente, durante il fascismo, vennero effettuati ulteriori interventi sulla chiesa e sulla facciata del convento del Carmine: nella prima venne accentuato l’aspetto classicheggiante con l’uso di intonaco. Al di sopra del cornicione vennero realizzate due appendici murarie, una per apporvi il simbolo del fascio, l’altra per apporvi la scritta ‘Palazzo delle Scuole’.
Perfino il portale e il balconcino del convento vennero modificati: il primo sovrapponendo al telaio originario una grossolana cornice formata da finti blocchi d’intonaco, il secondo sostituendo l’originale ringhiera in ferro con un parapetto formato da pilastrini cilindrici in stucco-cemento. Il tutto per dare all’intera facciata del convento-chiesa un aspetto classicheggiante uniforme ed omogeneo. L’intonaco venne sagomato a forma di blocchi e graffiato in modo da dare ad essi l’aspetto di travertino.
Totalmente coperta da intonaco fu la parasta orientale che aveva la sua continuità nel campanile della contigua chiesa del Carmine. Ugualmente intonacato, inoltre, fu il campanile che prima mostrava l’intreccio dei blocchi che lo componevano e che producevano la tipica colorazione della pietra locale. quest’ultimo intervento furono rimossi i simboli del fascio e la scritta scuole.