La Real Cantina Borbonica è un monumento unico al mondo. Essa, infatti, ha una triplice valenza: storica, architettonica e tecnologica. La struttura che oggi è nota come Real Cantina Borbonica, in realtà è costituita da un baglio cinquecentesco (Baglio Sanchez) e dalla Real Cantina vera e propria, ideata nei primi anni dell’Ottocento da Felice Lioy utilizzando idee e soluzioni elaborate dalla I Rivoluzione Industriale. Nella Real Cantina avveniva il processo di vinificazione delle uve prodotte nel Real Podere, una tenuta agricola di 80 salme che il re aveva acquistato a Partinico e che delimitava, allora, la parte meridionale dell’antico abitato.
Il baglio originario fu costruito nei primi decenni del XVI secolo da Ludovico Sanchez, Protonotaro del Regno di Sicilia ed esponente qualificato della nobiltà di corte nonché membro della famiglia che gestiva il banco Sanchez & Levi uno dei più importanti del Regno. Per poter meglio gestire il fondo ottenuto in enfiteusi, il Sanchez incaricò Antonio Belguardo da Scicli, uno dei più prestigiosi magister fabbricator di Palermo, di progettargli il baglio con torre, loggiato ed oratorio.
Nella struttura agricolo-residenziale del Sanchez sono ancora visibili alcuni elementi cinquecenteschi: la scala in pietra monoblocco autoreggente, le finestre della torre con decori ad archetti inflessi cuspidati, il rosone-oculo della chiesetta, le colonne tuscane che delimitano la parte del porticato sopravvissuta, il residuo testimone di un affresco che faceva da sfondo allo stesso porticato, i massicci portali di alcuni locali che delimitano l’atrio dalla parte orientale del baglio.
Il corpo della Real Cantina fu realizzato, invece, nei primi anni dell’Ottocento all’interno del Baglio con parziale adattamento delle antiche strutture.
Con la costruzione della Real Cantina, una parte del cinquecentesco loggiato venne eliminato, mentre la torre, che ormai era in parte diroccata, subì un pesante ridimensionamento.
Ideatore della Cantina Borbonica fu Felice Lioy. Nato nel 1743 a Terlizzi, in Puglia, Felice studiò a Napoli dove ebbe insigni professori, esponenti di uno dei nuclei più attivi e qualificati dell’Illuminismo italiano che gli permisero di acquisire il metodo scientifico e un approccio pragmatico nella soluzione dei problemi.
La costruzione della Real Cantina avvenne per volontà del re, Ferdinando di Borbone, che sperava di sostituire la poco remunerativa cultura cerealicola e di sperimentare nuove colture e nuovi sistemi produttivi che avrebbero potuto valorizzare il suolo e il clima dell’isola.
Il 9 luglio 1789 il re nominò Felice Lioy “Intendente Generale della Regia Commenda della Magione” e, poi, “Intendente dei Reali boschi di Sicilia”.
A seguito dell’incarico ricevuto, nel 1788, Felice Lioy ebbe modo di osservare i sistemi di lavorazione dell’uva in alcuni paesi siciliani, Prizzi, Marineo e Partinico, dove notò che i processi di vinificazione erano obsoleti, i locali utilizzati erano assai simili a porcilaie, i torchi erano inadeguati e il vino, conservato in locali troppo esposti alla calura estiva, spesso, con l’arrivo della bella stagione, diventava aceto.
Il Lioy, facendo tesoro di tutte le nuove soluzioni tecnologiche conosciute nel corso dei suoi viaggi in Europa, ideò la Real Cantina, una struttura produttiva le cui attività erano distribuite su tre livelli discendenti che semplificavano il lavoro e permettevano di eliminare alcune faticose operazioni.
Infine, poiché occorreva preservare il vino dagli sbalzi di temperatura, frequenti nell’afosa estate siciliana, ritenne indispensabile dotare il nuovo impianto di uno scantinato arieggiato e fresco che riduceva gli effetti degli sbalzi di temperatura estiva e garantiva al vino la possibilità di invecchiare in ambiente ideale.
Così, dopo il suo arrivo in Sicilia a seguito delle famose vicende napoletane del 1798, il re Ferdinando, esaminato il lavoro svolto dal Lioy, fece pubblicare la memoria, fece acquistare a Partinico le 5 contrade che avrebbero formato il Real Podere e diede ordine di realizzare il modello produttivo ideato dal suo prezioso ed ingegnoso funzionario.
Per comprendere il reale valore della Real Cantina Borbonica va preliminarmente esaminata la sua strutturazione che, oltre ad un indubbio valore estetico e architettonico, rappresenta un rivoluzionario modello organizzativo.
La cantina, infatti, è composta da tre moduli autonomi ma interdipendenti posti su tre livelli sovrapposti in modo da permettere lo scivolamento nel piano inferiore del prodotto lavorato senza alcuna fatica, senza dispendio di energie o costi aggiuntivi. I tre moduli sono costituiti da:
- Uno spazio destinato alla lavorazione dell’uva era quello del primo piano formato dalla loggia e dalla superfice superiore delle tine a muro del piano terra.
Il piano di lavorazione era collegato al piano di campagna mediante una rampa che permetteva il trasporto dei barili carichi d’uva a dorso di mule.
Arrivata nel punto di lavorazione, l’uva veniva travasata in apposite tine e quindi lavorata dagli addetti ai lavori che la strofinavano su setacci in modo da favorire la fuoriuscita del mosto che veniva raccolto in ampi recipienti di legno (tineddi) e, da qui, versato nelle vasche in muratura verticali sottostanti. I raspi venivano accantonati, mentre le bucce venivano spremute al piano terra dove c’erano due torchi alla genovese.
- Le vasche al piano terra: il mosto diventa vino.
Le vasche in muratura al piano terra sono racchiuse in uno spazio rettangolare ristretto che consentiva di non disperdere il calore sprigionato dalla fermentazione, mentre il dissolvimento dell’anidride carbonica era favorito dall’ampio volume della parte centrale della cantina. Accanto al locale delle vasche di fermentazione c’è un ambiente più piccolo, dove sono stati realizzati due palmenti e dove si trovavano i torchi per spremere i sottoprodotti di lavorazione.
Ultimata la fermentazione e ottenuta la sedimentazione dalle impurità, il vino veniva immesso in un canale interrato che, per caduta, permetteva di raggiungere le tine dello scantinato.
Le ampie bocche in pietra di Billiemi servivano a estrarre le fecce che venivano a loro volta ulteriormente raffinate.
- Lo scantinato
Il fresco dello scantinato e la riduzione degli effetti degli sbalzi eccessivi di temperatura garantivano una buona conservazione del vino.
Dopo il primo invecchiamento nelle vasche dello scantinato, una parte del vino era trasferito nelle botti che si trovavano nella banchina opposta. Esse garantivano un ulteriore processo di invecchiamento che lo trasformavano in prezioso perpetuo apprezzato in ogni parte del mondo.
Il trasferimento del vino in superficie era facilitato e reso agevole da un espediente rivoluzionario: infatti, il lungo corridoio dello scantinato è collegato al piano superiore con una galleria al cui interno si sviluppa un piano inclinato acciottolato su cui era posto un binario. I barili pieni di vino venivano posti su un carrello con le ruote con bordino che scorreva sul binario tirato con un verricello o con una fune da una mula che si trovava al piano di campagna.